venerdì 20 gennaio 2017

passeggiate, abissi e libri

Lasciandosi alle spalle la piramide Cestia, i suoi arbusti cresciuti tra le pietre bianche, le mura romane sbreccate che la affiancano e tutto il traffico del piazzale, si può imboccare viale Ostiense. Un tempo gli correva un tram nella corsia centrale, non che io lo ricordi, ma sarebbe stato perfetto per un mio racconto, mi piacciono tanto i tram. In assenza dello sferragliare su un binario camminavo per quella strada piuttosto spesso da ragazzino.
Ogni settimana, felpa con il cappuccio, una banconota in tasca, la chiave di casa nella scarpa scappavo di casa, arrivavo alla Piramide Cestia e me la lasciavo alle spalle.
Il venerdì verso mezzanotte mi potevi sempre trovare su viale Ostiense. Un diciassettenne con il cuore in gola, la testa leggera per la vodka bevuta prima di uscire e farmi coraggio e il pensiero che di lì a poco sarei stato in fila per entrare nel locale dove potevo provarci con i ragazzi senza temere una rappresaglia.
Il passaggio sotto il ponte con i binari era una specie di spartiacque, un taglio tra ciò che esisteva dal sabato pomeriggio al venerdì sera e quel mondo, piccolo e brevissimo, che vedeva la luce solo dal nelle prime ore del sabato mattina, da mezzanotte alle cinque.
Quei pochi metri di galleria erano il termoclino che divideva la superficie del quotidiano e l’abisso pieno di eventi inaspettati, incontri, emozioni e musica a tutto volume dove potevo sperimentare aspetti di me che non conoscevo.
Lo stesso abisso che ho raccontato nei Ragazzi Geisha, lo stesso che i personaggi di Stranizza avrebbero voluto trovare fuggendo in motorino e che non trovarono mai.
Per raggiungere quel mondo bisognava girare a destra dopo il ponte, inseguire il gazometro e il suo muro di cinta e farsi coraggio nonostante l’emozione. Si doveva camminare fino a trovare la fila di persone colorate e ridanciane in attesa di entrare per sentirsi più liberi. Un po’ titubanti alcuni, sboccati e ciarlieri tanti altri. Io ero uno di quelli imbarazzati e con gli occhi bassi, almeno i primi tempi. Alla fine diventai uno di quelli che salutava un po’ tutti e chiacchierava ad alta voce, anticipando l’aria di festa che si respirava oltre l’ingresso.
Un po’ alla volta quella sensazione di libertà ha preso piede e quelle poche ore serali hanno straripato diventando loro il quotidiano. Quell’abisso di possibilità ha inglobato tutto il mio mondo, arrivando in superficie e diventando ancora più ricco e variegato.
Adesso non ha più senso cercare un locale dove essere sé stessi. Preferisco esserlo sempre.
Eppure ogni volta che passo su viale Ostiense ripenso a quelle serate, a quell’abisso di meraviglia, a quanto erano eccezionali quelle ore di libertà che strappavo di nascosto a chi mi avrebbe preferito al sicuro chiuso in casa.
Quando mi è stato proposto di parlare dei miei libri in un locale poco lontano da dove tutto questo succedeva ho detto subito di sì.
Quale scusa migliore per tornare a passeggiare per viale Ostiense.
Però stavolta bisogna girare a sinistra, sempre dopo il ponte, in via Pellegrino Matteucci, ci si deve perdere un po’ nei vicoli per finire in Via Nansen, al numero quattordici, dove sabato, non più venerdì come quando ero ragazzino, alle 18:30, con un caro amico si parlerà di libri, di mondi che non esistono, di camminate del passato che ci portiamo dentro, dei sogni che ci accompagnano e di come questi sogni diventino storie da raccontare.

A sabato! Ci si vede alla Tlon!