venerdì 20 gennaio 2017

passeggiate, abissi e libri

Lasciandosi alle spalle la piramide Cestia, i suoi arbusti cresciuti tra le pietre bianche, le mura romane sbreccate che la affiancano e tutto il traffico del piazzale, si può imboccare viale Ostiense. Un tempo gli correva un tram nella corsia centrale, non che io lo ricordi, ma sarebbe stato perfetto per un mio racconto, mi piacciono tanto i tram. In assenza dello sferragliare su un binario camminavo per quella strada piuttosto spesso da ragazzino.
Ogni settimana, felpa con il cappuccio, una banconota in tasca, la chiave di casa nella scarpa scappavo di casa, arrivavo alla Piramide Cestia e me la lasciavo alle spalle.
Il venerdì verso mezzanotte mi potevi sempre trovare su viale Ostiense. Un diciassettenne con il cuore in gola, la testa leggera per la vodka bevuta prima di uscire e farmi coraggio e il pensiero che di lì a poco sarei stato in fila per entrare nel locale dove potevo provarci con i ragazzi senza temere una rappresaglia.
Il passaggio sotto il ponte con i binari era una specie di spartiacque, un taglio tra ciò che esisteva dal sabato pomeriggio al venerdì sera e quel mondo, piccolo e brevissimo, che vedeva la luce solo dal nelle prime ore del sabato mattina, da mezzanotte alle cinque.
Quei pochi metri di galleria erano il termoclino che divideva la superficie del quotidiano e l’abisso pieno di eventi inaspettati, incontri, emozioni e musica a tutto volume dove potevo sperimentare aspetti di me che non conoscevo.
Lo stesso abisso che ho raccontato nei Ragazzi Geisha, lo stesso che i personaggi di Stranizza avrebbero voluto trovare fuggendo in motorino e che non trovarono mai.
Per raggiungere quel mondo bisognava girare a destra dopo il ponte, inseguire il gazometro e il suo muro di cinta e farsi coraggio nonostante l’emozione. Si doveva camminare fino a trovare la fila di persone colorate e ridanciane in attesa di entrare per sentirsi più liberi. Un po’ titubanti alcuni, sboccati e ciarlieri tanti altri. Io ero uno di quelli imbarazzati e con gli occhi bassi, almeno i primi tempi. Alla fine diventai uno di quelli che salutava un po’ tutti e chiacchierava ad alta voce, anticipando l’aria di festa che si respirava oltre l’ingresso.
Un po’ alla volta quella sensazione di libertà ha preso piede e quelle poche ore serali hanno straripato diventando loro il quotidiano. Quell’abisso di possibilità ha inglobato tutto il mio mondo, arrivando in superficie e diventando ancora più ricco e variegato.
Adesso non ha più senso cercare un locale dove essere sé stessi. Preferisco esserlo sempre.
Eppure ogni volta che passo su viale Ostiense ripenso a quelle serate, a quell’abisso di meraviglia, a quanto erano eccezionali quelle ore di libertà che strappavo di nascosto a chi mi avrebbe preferito al sicuro chiuso in casa.
Quando mi è stato proposto di parlare dei miei libri in un locale poco lontano da dove tutto questo succedeva ho detto subito di sì.
Quale scusa migliore per tornare a passeggiare per viale Ostiense.
Però stavolta bisogna girare a sinistra, sempre dopo il ponte, in via Pellegrino Matteucci, ci si deve perdere un po’ nei vicoli per finire in Via Nansen, al numero quattordici, dove sabato, non più venerdì come quando ero ragazzino, alle 18:30, con un caro amico si parlerà di libri, di mondi che non esistono, di camminate del passato che ci portiamo dentro, dei sogni che ci accompagnano e di come questi sogni diventino storie da raccontare.

A sabato! Ci si vede alla Tlon!

martedì 7 giugno 2016

educazione civica: peggio per te

mi dicono: vieni al seggio elettorale a fare lo scrutatore! l'hai fatto tante volte, è una cosa bella, è cittadinanza attiva, è partecipare alla democrazia del tuo paese.
e io penso: è vero, è qualche anno che non lo faccio, tocca andare!
e vado.

il sabato si prepara il seggio, conosco le persone che divideranno con me il lavoro, scruto i rappresentanti di lista cercando di capire quanto romperanno le palle nel momento dello spoglio delle schede.
non capivo all'epoca l'entità della situazione.
non potevo prevederla.
nessuno avrebbe potuto.

la domenica apriamo il seggio alle 7 del mattino. un po' stravolti per la sveglia, pronti per affrontare la giornata e con l'idea di prendere tante pausa merenda e caffè.

tutto si svolge come da copione, niente da segnalare. non il rumore di carta stagnola nella cabina (quell'elettore ci mise la mortadella nella scheda elettorale, si discusse se valeva come voto a prodi); non il rumore degli scatti fotografici (l'elettore postò orgoglioso la sua scheda con la croce su movimento 5 stelle e il numero di seggio su facebook); non lo scatto di tacchi e il saluto fascista prima di andare al voto di quell'altro che disse ad alta voce "Casa Pound e Onore!".

insomma una sessione serena e pacata.

alle 23, un po' stanchi, ma decisi a lavorare bene e in fretta, chiudiamo il seggio e iniziamo lo spoglio.
e a quel punto non mi sono reso conto, e avrei dovuto.
il presidente di seggio dichiara: apriamo le schede con calma e vediamole insieme per capire se ci sono problemi.

750 votanti. 750 schede per il comune, 750 schede per il municipio.
più le preferenze di candidati, più i voti disgiunti, più le bianche, più le nulle, più i cazzi e gli insulti da discutere se valgono come voto con i rappresentanti di lista perché "quel pelo di cazzo potrebbe essere una x su Popolo della famiglia".

ve la faccio breve, ma vi giuro che non lo è stata.
alle 3 del mattino, dopo 4 ore di lavoro, stavamo ancora contando se le schede del comune erano tutte, mentre l'urna del municipio giaceva immota e minacciosa in mezzo alla stanza.

e qui è iniziato il golpe.
senza farmi notare troppo ho preso una scrutatrice e con lei mi sono messo a segnare su un foglietto le preferenze di ogni scheda del comune, in barba alle direttive del presidente che diceva di aspettare che le avessimo contate tutte per essere sicuri che non ci fossero errori.
dopo due ore avevamo stilato la lista completa.
alle 5, quando il presidente finalmente dichiara che le schede sono il numero corretto afferma: "ora possiamo iniziare a registrare le preferenze, prenderemo una scheda alla volta..."
"SONO PRONTE! ECCOLE!!"
ho allungato il foglio delle preferenze sperando che andasse in porto.
il presidente di seggio, una bravissima persona, dice: meno male! bene, possiamo ora verificare insieme che siano giuste.

non c'era più spazio per la democrazia arrivati a quell'ora.
mi sono girato verso gli scrutatori e gli ho detto di aprire l'urna del municipio e di smistare le schede VELOCEMENTE come avevamo già fatto segretamente per quelle del comune.
il preside di seggio mormora un timido: ma secondo me così non va bene, se poi i conti non tornano.

un solo sguardo di fuoco e ci siamo seduti con il segretario a verbalizzare il comune.
nel frattempo i rappresentanti di lista, esausti erano andati via o si erano addormentati nelle cabine di votazione (uno l'hanno recuperato stamattina).

dando indicazioni sempre più secche e al limite della denuncia finiamo il verbale del comune, lo spoglio del municipio, il suo verbale e l'allestimento delle buste in 4 ore. il presidente di seggio, brandendo il mio fogliaccio con le preferenze di comune e il suo gemello per il municipio, chiosa dicendo: "queste sono come la bibbia, le incornicio, ci ha fatto risparmiare un bel po' di tempo!".
se non fosse stato così simpatico l'avrei scorticato sul posto.

alle 10 del mattino, dopo 27 ore di seggio siamo usciati da quella cavolo di scuola.
ci siamo salutati a mai più rivederci, e il presidente di seggio mi fa: prendi il manuale per diventare presidente, è un lavoro che puoi fare.
non sapevo se baciarlo o picchiarlo. ho preso il manuale e basta ero troppo stanco.

ho inforcato il motorino con un vago ricordo di come mi chiamassi, ubriaco e barcollante di sonno.
mi sono accorto di essere senza casco che stavo già vari chilometri sulla tangenziale, felice come un bambino, diretto verso la casa in campagna per abbracciare il ciliegio.

una mezz'ora dopo, non so come sono tornato a casa.
ho dormito tutto il giorno che sembrava fossi tornato da un rave a base di metanfetamine tagliate male.

per fortuna al ballottaggio sarò a Berlino a fare un rave vero. magari le metanfetamine le tagliano bene. e l'educazione civica per un po' la limito al riciclo e a non buttare le cartacce per strada.

V.

giovedì 21 aprile 2016

anche i mostri sono esseri umani

il mostro è la persona che ti spinge nel baratro con lui.
è quello che compie scempiaggini e poi ti porta a fare lo stesso.

dare la pena di morte a chi ha ucciso non elimina un assassino, ne genera molti altri.

se il sistema giudiziario norvegese è arrivato a proteggere un uomo che ha compiuto una strage, un uomo che ha colpito dolorosamente un intero paese, allora possiamo dire che quel sistema giudiziario e quel paese si sono davvero salvati da quella strage.

“il divieto a un trattamento inumano e degradante è un valore fondamentale di ogni società democratica e che si applica in ogni caso, anche a terroristi e assassini”, ha ricordato a tutti noi il giudice che si è occupata delle violenze e privazioni dei diritti umani subite da Anders Behring Breivik.

qualcosa che i francesi hanno voluto dimenticare e che invece deve essere sempre ben chiaro a tutti noi.

oggi Anders Breivik è stato davvero punito e la sua strage è davvero finita.
lui è rimasto un mostro, per quanto umano, noi siamo tornati a essere umani.

V.

venerdì 26 febbraio 2016

Volevamo essere uguali?

è diventata un po' complicata.
nel senso che anche io non so bene cosa pensare, se incazzarmi, festeggiare, festeggiare incazzato, prendermela con quella fazione politica o con l'altra o far finta di niente.
in una settimana abbiamo avuto tutti gli ingredienti di un piccolo film di fantapolitica.
giochi di corridoio, protagonisti telegenici, dichiarazioni in aula accorate e urlate, oscuri discorsi da equilibristi, scandalosi SMS rivelati a metà proiezione e colpi di scena sul finale.
e alla fine è un po' difficile uscire dalla sala cinematografica e dire se c'è piaciuto.
ancora di più riprendere contatto con la realtà e realizzare che si è fatto un teatrino sulla vita delle persone, e che tutto questo ci riguarderà per un sacco di anni.

cerco di tirare le somme e parto da una cosa che forse è un po' alla base della questione per quanto mi riguarda: il matrimonio in Italia andrebbe rinnovato.
perché è patriarcale, sessista, filocattolico e monogamo.
ma la questione è di principio: i diritti uguali per tutti, poi ne parliamo tutti insieme di come renderli migliori.
quindi sì, volevo il matrimonio. e non me l'hanno dato. non mi hanno voluto caricare su questa carretta anni '50 piena di testosterone, incensieri e ruoli.

e allora cosa mi trovo in mano?
senza stare a pensare al nome che gli hanno dato, che diritti mi dà?

il comma 20 della legge fa un riassunto facile: dice che al fine di tutelare diritti e doveri, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio” in tutte le altre leggi, e quelle che contengono le parole “coniuge” e “coniugi”, si intendono applicate alle persone che si uniscono civilmente.
quindi, a parte le eccezioni, ogni legge che si applica ai coniugi, si applica anche a chi si unisce civilmente.
dove sono le differenze? perché è sempre sulle differenze che ci si incazza.

- non c'è alcun riferimento o processo facilitato per l'adozione del figlio del partner
quindi se mi unisco civilmente a qualcuno che ha già un figlio, non c'è nessuna procedura agevolata affinché io possa adottarlo a mia volta. orribile e discriminante. da un punto di vista pratico, comunque, i tribunali minorili già concedono l'adozione del figlio del partner senza fare troppi casini. il governo dovrebbe essere il motore di crescita e adeguamento delle leggi di un paese, noi facciamo al contrario. le famiglie arcobaleno esistono già e esisteranno ancora, così i loro figli. non siamo stati in grado di tutelare quei bambini e ce la faranno pagare perché saranno loro a diventare grandi e noi a essere vecchi. e avranno tutte le ragioni del mondo.

- l'obbligo di usare il cognome del marito
orribile retaggio patriarcale in cui la donna viene passata da maschio a maschio.
e poi diciamocelo, questa faceva casino comunque. nel caso di due uomini quale si sarebbe usato? quello di chi ha più barba? o quello del più alto? o con i piedi più grandi?
e nel caso di due donne... boh... quello del suocero con più peli nel naso forse.
insomma questo obbligo di usare il cognome del marito già fa schifo per i matrimoni, che ce lo siamo tolti dalle scatole nelle unioni civili mi sta molto bene.

- l'obbligo di fedeltà
eccoci di nuovo con le questioni sessiste. questo obbligo di fedeltà è legato a doppio filo a una roba che non si usa più e che è il delitto d'onore. m'hai tradito? te sparo e la legge mi protegge. valeva soprattutto per gli uomini che potevano fare fuori la moglie fedifraga, ma in qualche caso è valso anche per le donne. comunque una roba che non dovrebbe essere scritta da nessuna parte e sono molto contento di non doverla leggere ancora.
la fedeltà di una coppia è la fedeltà ai principi che si sono dati. non a un principio aprioristico che qualcun altro ha scelto per noi.

- la possibilità di sciogliere l'unione se questa non si è consumata
e vabbè di cosa stiamo parlando? consumata vuol dire sesso e vuol dire prole. forse anche in questo caso possiamo lasciar stare e chiederci come mai il matrimonio ancora dica 'ste boiate.

le altre due sono robe che una non gliene frega niente a nessuno: la pubblicazione del matrimonio; l'altra non la vorrebbe nessuno: sei mesi/un anno di separazione prima di poter divorziare, si passa a tre mesi.

e poi l'ultima che non si fila nessuno: l'obbligo di essere di due persone dello stesso sesso.
il che vuol dire che gli eterosessuali sono discriminati e non possono accedervi.

bene. ho fatto il riassunto. e ho anche capito come mi sento.
le unioni civili così come sono mi piacciono, seppur con la gravissima mancanza dell'adozione del figlio del partner che lede i diritti del bambino.
per il resto mi sembrano molto più evolute del matrimonio e il fatto che non vengano concesse agli eterosessuali mi fa incazzare quasi quanto il resto perché ci vedo la chiara volontà di obbligarli a fare numero per essere sicuri che il matrimonio così com'è, vecchio baraccone del passato, non si svuoti di significato e si passi a un paese delle unioni civili.

quindi sono contento perché sento di aver finalmente dei diritti in più, sono molto scontento perché sono arrivati con una dose di discriminazione e dibattito politico omofobo da far paura.

e torno all'inizio del discorso. il matrimonio non mi piace e non mi interessa, ma deve essere un diritto di tutti o rimarrà solo uno schifoso privilegio per pochi.
quindi da domani si torna in piazza a urlare "matrimonio ugualitario".
e nella piazza accanto, insieme a tutti gli eterosessuali che da oggi conoscono la parola discriminazione per orientamento sessuale, a urlare "unione civile ugualitaria".

V.

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grazie a questo articolo de il Post che mi ha molto aiutato a ragionare su questi temi e dal quale ho preso le righe sul comma 20 http://www.ilpost.it/2016/02/25/cosa-prevede-adesso-legge-cirinna/

lunedì 25 gennaio 2016

Distillami questo

Insomma adesso c’è un gran parlare (solo dalle mie parti?) di questi libri distillati.
Se non sapete di cosa sto parlando ve lo spiego in due parole.
Mettiamo che ci sia questo libro che si chiama Divina Commedia, di un certo Dante Alighieri. Mettiamo che questa Divina Commedia diventi un best seller. Molto bene, un nuovo libro, tanti lettori. Tutti felici.
Mettiamo però che c’è questa intuizione, o studio di mercato, secondo la quale la lunghezza del testo è un deterrente per molti potenziali lettori.
Come si mette una pezza a questa situazione? Come si allarga il bacino di utenza? Come convinco questi lettori o potenziali lettori a leggere il best seller del momento?
Lo riduco. Ma non fraintendete la questione, non viene riassunto, mettete via i vostri bignami, viene proprio RIDOTTO.
Che l’ufficio marketing ha voluto rendere con: distillato.
In pratica hanno tolto lettere, paragrafi, subordinate, capitoli, magari intere sottotrame e personaggi secondari, lasciando il resto inalterato.
Quindi i gironi ce li facciamo tutti, ma ci mettiamo meno tempo a farli. Con una corsetta sostenuta diciamo, e sti cavoli di Paolo e Francesca.
Ora lasciamo stare il toscanaccio e passiamo ai primi due best seller che hanno ridotto: Uomini che odiano le donne del buonanima svedese Stieg Larsson e Venuto al mondo di Margaret Mazzantini. Il primo ridotto da 688 pagine a 240, il secondo da 540 a 200. Il primo ridotto del 64%, il secondo del 63%.
Insomma un sacco di roba buttata.
C’è stata l’immediata alzata di scudi, le urla all’attacco dell’arte letteraria, la denuncia della bassezza culturale italiane, il fatidico “dove andremo a finire?”, dall’altro lato della barricata le bovine risposte da commerciale di ItaloTreno: così facciamo leggere più persone, venderanno, è quello che vuole il mercato o peggio ancora uno stolido silenzio.
Io ho reagito con un’istintiva alzata di scudi e stavo quasi per pronunciare il “dove andremo a finire” scuotendo il capo, poi mi sono fermato e mi sono richiamato a un più cauto ragionamento, spinto dal ricordo di me che leggevo Uomini che odiano le donne dicendo “certo che lo potevano pure ridurre sto libro... quanta fuffa”.
Il mio ragionamento funziona così.
I libri sono delle opere (d’arte, commerciali, strumentali, non lo so) complesse e che si costruiscono mattone dopo mattone. Non nascono nella furia creativa di un dio biblico e non spuntano dalla testa dell’autore perfette e compiute.
I libri sono figli di stesure e controstesure, revisioni, tagli, aggiunte, considerazioni e rimpasti. Il tutto farcito di editor, consulenti, mamme, fidanzati, figli, gatti e caffè. Insomma un lungo percorso per arrivare a dire “vabbè mandiamolo fuori che non lo posso più vedere, diciamo che sono contento”.
E questo è comune e banale per ogni libro che troviamo in libreria.
Bene.
A distanza di tempo dall’uscita del libro ciccia la versione distillata.
Orrore? Forse.
Forse perché ridurre un libro è un’operazione molto utile e se posso dire in due parole quello che stavo per dire in quattro, meglio dirlo in due.
Attenzione però! Quello che devo dire può anche essere futile bellezza che ha proprio bisogno di quattro parole, non di tre o di due. Ma proprio di quattro, alla faccia della sintesi.
Insomma il punto è arrivare alla giusta misura. Forse l’ho fatto con la prima stesura, forse c’è un numero di pagine più basso che mi permette comunque di avere un bel libro (per Stieg Larsson per esempio c’erano da buttare interi capitoli di chiacchiere, paceallanimasua), forse potevo dilungarmi di più, ma non ce la potevo fare.
Però, c’è un grande però!
Questo lavoro di pulizia del testo, riduzione, lucidatura e affinatura delle parole di ogni libro viene fatto da e con l’autore. E questo lo rende legittimo.
Senza l’autore non mi sta più bene.
Io autore so dov’è il confine tra l’utile e il necessario, tra il saporito e il salato del mio libro.  E solo io lo posso sapere. Posso farmi consigliare da mille professionisti, ma alla fine sarò io a dire che deve essere così o cosà.
Quindi qual è il punto secondo me? Proprio questo: gli autori che ruolo hanno avuto?
Questi distillati sono figli di un ufficio legale che ha trovato il cavillo nel contratto per sfilare all’autore il testo? O figli di un bravo commerciale che ha convinto la Mazzantini che si facevano un sacco di soldi e che tanto il suo libro era già uscito integrale altrove?
Oppure l’autore è stato sinceramente convinto che si poteva fare un libro più fruibile, che lo si poteva fare lavorandoci insieme? Seduti a un tavolo con l’obiettivo di tagliare il 60% del testo e arrivare al 60% di lettori in più?
Nei primi casi sono pronto con un tonante “dove andremo a finire”, nell’ultimo caso sarei curioso di leggere il prima e il dopo e vedere se l’autore è stato capace di migliorarsi ancora.

Questa però è una domanda che rimane non risposta, e senza non me la sento di sparare giudizi, alzate di scudi o 3,90€ per vedere com’è sto benedetto distillato.
L’unica certezza è che Larsson non ne sa proprio un cavolo e che il suo libro l’hanno tagliuzzato senza ascoltare il suo parere.

Pace all’anima sua.

martedì 6 ottobre 2015

supermassive black hole

io oggi dovrei lavorare al nuovo libro. e invece no. o meglio, ci ho lavorato, ma non abbastanza.
adesso sto scrivendo altro quindi non è che abbia proprio fatto il mio dovere, tant'è.

insomma qual è il punto? casa mia è un buco nero.
come quelli nello spazio per capirci. che se ti ci avvicini troppo vieni risucchiato e buona notte ai suonatori perché finisci in una libreria a parlare con tua figlia con un orologio rotto mentre le impolveri i giocattoli.
io non lo so perché è così, però è un fatto chiaro a tutti: casa mia è un buco nero.
chi mi conosce lo sa, è un tema ricorrente delle serate (in salotto da me).

"una volta ogni tanto potremmo anche uscire di casa, però!", dico io.
"noi siamo tutti usciti di casa, è che poi ci siamo chiusi a casa tua", rispondono gli amici.
"come ogni volta che ci vediamo", aggiunge un altro amico che chiosa con: "casa tua è proprio un buco nero".

la questione sta assumendo contorni preoccupanti, si va dall'aperitivo in centro che poi si fa nel mio terrazzo, alla riunione per la prossima fiera che finisce in salotto da me, al cinema che tanto-lo-proiettiamo-sulla-parete-che-è-pure-più-comodo.

ma come mai si finisce sempre a casa mia e si tende a non uscirne?
ho diverse teorie:
1. i miei gatti. non amano stare soli, sono appiccicosi e umanofili. se vedono un paio di gambe umane nel giro di 100 metri ci si lanciano sopra e pretendono che poi si possa dormire insieme per almeno un paio di ore. potrebbero essere loro che ci controllano mentalmente per farci finire in salotto sotto di loro;
2. un particolare centro gravitazionale che aumenta l'attrazione degli elementi nello spazio compreso tra la cucina e il salotto (ho contattato il CERN per uno studio, ma non mi hanno ancora risposto);
3. il cimitero romano, sul quale è stato costruito il palazzo, è maledetto, i morti sepolti sotto casa succhiano energia vitale dai miei amici in attesa di risvegliarsi e conquistare il mondo;
4. gli alieni.

al momento propendo per l'opzione 1 e la 3.

V.

ps: c'è chi dice che sia tutta colpa mia, che sono pigro e che per vedermi bisogna raggiungere la stanza in cui mi sono messo a scrivere la mattina, ma sono ipotesi con nessuna base scientifica e che aggiungo in questo post scriptum solo per completezza (se riesco a togliermi il gatto dalle gambe mi faccio un caffè e torno a scrivere il nuovo libro però, che poi viene un'amica a fare un aperitivo).

martedì 14 luglio 2015

una brutta persona

ciao, mi chiamo valerio e oggi sono stato una brutta persona. di nuovo.
ma proprio brutta.
quindi te lo racconto così puoi prendere le misure e evitarmi la prossima volta che mi incontri per strada.

un tipo mi scrive: ciao! allora scrivi libri, che bello. di che parlano?

un po' di chiacchiere su questo e su quell'altro, lui molto curioso, interessato. dice di essere un lettore pigro, che legge quattro cinque libri l'anno ma che forse leggerà proprio i miei.
io lo ringrazio e gli dico di farmi sapere come va a finire la sua cernita, e lo saluto alla prossima chiacchiera.

ma lui dice: va bene, regalami il tuo libro, dai, mi hai convinto. autografato però! eheh (mette pure il "eheh")
e io: ma i libri si comprano e poi si regalano agli amici! non si chiedono in regalo agli autori che li hanno scritti!
e lui: guarda che ti conviene, perché se poi mi convinci magari mi compro gli altri.

e qui sono diventato una brutta persona.
infatti gli ho risposto: tu che lavoro fai?
sono disoccupato in questo periodo, perché?

(non mi odiare adesso, ma mi ha davvero infastidito)
perché magari vieni a casa mia a fare le pulizie a gratis per un mese. ti conviene perché se mi piace come le fai poi magari il mese dopo ti pago pure!

... non ha più risposto.

ma tanto sconterò la pena con tutte le infamate che adesso scriverà in giro su di me.
quindi stiamo pari.

V.

ps: sì, gli potevo dire di leggersi i racconti gratuiti e invece ho fatto il puzzone. ce posso sta.

AGGIORNAMENTO
mi scrive ancora dicendo: secondo me hai origini genovesi
secondo te va bene se gli rispondo: "secondo me hai origini scimpanzé"?
forse è troppo. un dignitoso silenzio sarà la mia risposta.