martedì 6 ottobre 2015

supermassive black hole

io oggi dovrei lavorare al nuovo libro. e invece no. o meglio, ci ho lavorato, ma non abbastanza.
adesso sto scrivendo altro quindi non è che abbia proprio fatto il mio dovere, tant'è.

insomma qual è il punto? casa mia è un buco nero.
come quelli nello spazio per capirci. che se ti ci avvicini troppo vieni risucchiato e buona notte ai suonatori perché finisci in una libreria a parlare con tua figlia con un orologio rotto mentre le impolveri i giocattoli.
io non lo so perché è così, però è un fatto chiaro a tutti: casa mia è un buco nero.
chi mi conosce lo sa, è un tema ricorrente delle serate (in salotto da me).

"una volta ogni tanto potremmo anche uscire di casa, però!", dico io.
"noi siamo tutti usciti di casa, è che poi ci siamo chiusi a casa tua", rispondono gli amici.
"come ogni volta che ci vediamo", aggiunge un altro amico che chiosa con: "casa tua è proprio un buco nero".

la questione sta assumendo contorni preoccupanti, si va dall'aperitivo in centro che poi si fa nel mio terrazzo, alla riunione per la prossima fiera che finisce in salotto da me, al cinema che tanto-lo-proiettiamo-sulla-parete-che-è-pure-più-comodo.

ma come mai si finisce sempre a casa mia e si tende a non uscirne?
ho diverse teorie:
1. i miei gatti. non amano stare soli, sono appiccicosi e umanofili. se vedono un paio di gambe umane nel giro di 100 metri ci si lanciano sopra e pretendono che poi si possa dormire insieme per almeno un paio di ore. potrebbero essere loro che ci controllano mentalmente per farci finire in salotto sotto di loro;
2. un particolare centro gravitazionale che aumenta l'attrazione degli elementi nello spazio compreso tra la cucina e il salotto (ho contattato il CERN per uno studio, ma non mi hanno ancora risposto);
3. il cimitero romano, sul quale è stato costruito il palazzo, è maledetto, i morti sepolti sotto casa succhiano energia vitale dai miei amici in attesa di risvegliarsi e conquistare il mondo;
4. gli alieni.

al momento propendo per l'opzione 1 e la 3.

V.

ps: c'è chi dice che sia tutta colpa mia, che sono pigro e che per vedermi bisogna raggiungere la stanza in cui mi sono messo a scrivere la mattina, ma sono ipotesi con nessuna base scientifica e che aggiungo in questo post scriptum solo per completezza (se riesco a togliermi il gatto dalle gambe mi faccio un caffè e torno a scrivere il nuovo libro però, che poi viene un'amica a fare un aperitivo).

martedì 14 luglio 2015

una brutta persona

ciao, mi chiamo valerio e oggi sono stato una brutta persona. di nuovo.
ma proprio brutta.
quindi te lo racconto così puoi prendere le misure e evitarmi la prossima volta che mi incontri per strada.

un tipo mi scrive: ciao! allora scrivi libri, che bello. di che parlano?

un po' di chiacchiere su questo e su quell'altro, lui molto curioso, interessato. dice di essere un lettore pigro, che legge quattro cinque libri l'anno ma che forse leggerà proprio i miei.
io lo ringrazio e gli dico di farmi sapere come va a finire la sua cernita, e lo saluto alla prossima chiacchiera.

ma lui dice: va bene, regalami il tuo libro, dai, mi hai convinto. autografato però! eheh (mette pure il "eheh")
e io: ma i libri si comprano e poi si regalano agli amici! non si chiedono in regalo agli autori che li hanno scritti!
e lui: guarda che ti conviene, perché se poi mi convinci magari mi compro gli altri.

e qui sono diventato una brutta persona.
infatti gli ho risposto: tu che lavoro fai?
sono disoccupato in questo periodo, perché?

(non mi odiare adesso, ma mi ha davvero infastidito)
perché magari vieni a casa mia a fare le pulizie a gratis per un mese. ti conviene perché se mi piace come le fai poi magari il mese dopo ti pago pure!

... non ha più risposto.

ma tanto sconterò la pena con tutte le infamate che adesso scriverà in giro su di me.
quindi stiamo pari.

V.

ps: sì, gli potevo dire di leggersi i racconti gratuiti e invece ho fatto il puzzone. ce posso sta.

AGGIORNAMENTO
mi scrive ancora dicendo: secondo me hai origini genovesi
secondo te va bene se gli rispondo: "secondo me hai origini scimpanzé"?
forse è troppo. un dignitoso silenzio sarà la mia risposta.

mercoledì 17 giugno 2015

Jurassic Woman

ieri ho visto Jurassic World.
mi sta bene tutto. l'ibrido, la genetica assurda, i dinosauri parlanti, l'alimentazione a base di squali bianchi...
ma quello che mi domando è: perché le donne in questo franchise sembrano sempre uscite da un universo parallelo in cui il femminismo non c'è stato? o dai primi anni '50, via!

lei:
- urla
- piange
- ha crisi isteriche
- non pensa ai bambini (ma poi si redime)
- non ama il maschio alfa (ma poi ci ripensa)
- cerca di difendersi da sola (ma non ci riesce)
- e la salva lui (più volte)
- fa tutti gli errori di gestione del parco (e salva la situazione lui con il pistolone)
- urla (ancora)
- difende i bambini
- e infine non resiste al fascino del maschio alfa

ma essendo un film moderno è:
- arida e in carriera (solo all'inizio)
- ricca
- corre
- suda
- non sviene

e per dare una vera svolta avanguardista a un certo punto lei libera un T-Rex (ma il suggerimento arriva da un bambino).

ah! il tutto sui tacchi a spillo e in tailleur.

#lofacevagiàGingerRogers

la prossima volta niente umani. solo dinosauri che erano proprio belli.

grazie! :D

V.


ps: è ovvio che sei lei è così, lui è l'esatto opposto #uomoduro #bidimensionalecomeKen #sorridesoloquandoleguardaletette

venerdì 17 aprile 2015

Test di Vito Russo

Esiste il Bechdel Test per misurare il sessismo in un film:
- ci devono essere almeno due personaggi femminili di cui si conosca il nome;
- i due personaggi femminili devono parlare tra di loro;
- non devono parlare di uomini (e su questo terzo punto cadono tutti).

E questo test lo conoscevamo già.

Ora ho scoperto che esiste anche un test di Vito Russo, per misurare la presenza e il valore dei personaggi LGBT in un film, creato dal GLAAD, l'associazione per la corretta rappresentazione delle persone LGBT:
- ci deve essere un personaggio che sia chiaramente lesbo, gay, bisex o trans;
- il personaggio non deve avere come caratteristica principale il suo orientamento sessuale;
- il personaggio deve essere tanto rilevante nella storia che la sua rimozione avrebbe un effetto significante.

Questi test non mi convincono moltissimo, hanno tanti limiti e difetti (il test di Bechdel, che è bello vecchiotto, ha ricevuto molte critiche sensate e sono state proposte varie modifiche alle regole), però creano un momento di analisi che fa emergere punti interessanti.

Il Bechdel Test è stato inventato nel 1985 (epoca in cui avevamo solo Ellen Ripley di Alien come personaggio femminile d'azione e non soggetto a salvataggi da parte di uomini) ed è stato molto importante per avere un colpo d'occhio sulla situazione pietosa dei personaggi femminili nel mondo del cinema.

Lo stesso penso valga oggi per il test di Vito Russo. Imperfetto, ma crea un filtro che ci permette di avere un colpo d'occhio sulla situazione attuale.
Ho trovato molto illuminanti i risultati che si ottengono se si applica il test di Vito Russo alle maggiori case di produzioni cinematografiche statunitensi*.
Anche solo applicare la regola "ci deve essere almeno un personaggio lesbo, gay, bisex o trans" fa cadere il numero di film prodotti in un anno per ogni major a solo due o tre. Passando il filtro delle altre due regole non si salva quasi nulla.

Ora sto provando ad applicare il test di Vito Russo ai miei libri (si salva solo Nephilim) e agli ultimi libri che ho letto (non si salva nessuno)...

Come spesso succede siamo noi stessi vittime inconsapevoli della nostra cultura razzista, omofoba e sessista. Magari avere in testa un terzetto di domande ci aiuta a valutare ciò che produciamo e guardiamo e leggiamo in maniera un po' più critica.  

Bene, adesso dopo il Bechdel Test (si salvano sia Nephilim che Nopperaboo dei miei libri), mi troverò a scornarmi pure con il Vito Russo. Qualcuno ha un test sulla discriminazione razziale da applicare ai miei libri e da tenere a mente?

V.

*l'unico che lo passa a pieno titolo è Shadowhunters (Sony) con Alec e Magnus; quello che sta messo peggio di tutti è Riddick (Universal), con la lesbica che non riesce a resistere al fascino del testosterone del protagonista e se lo fa "mettere dentro fino alle palle".



venerdì 6 febbraio 2015

Preludi a Guerra in Purgatorio: Malfesh

e con il racconto sul Demone Malfesh è online l'ultimo racconto dei preludi di Guerra in Purgatorio!
spero davvero vi siano piaciuti :)
ah! si possono scaricare tutti insieme come ebook da amazon e da kobo.
e sì... sono in ritardo anche questa settimana.

Malfesh



Apro gli occhi. Mi guardo intorno. Stanza quadrata. Una finestra. Una porta. Nessun movimento. Una lavabo. Un secchio. Una cassa di legno. Un appendiabiti. Quattro completi grigi. Annuso l’aria. Sudore, carne. Tana. La mia tana. Da ieri la mia tana. Spazio sicuro. Nessuno conosce questo luogo. Lei mi ha detto che nessuno mi troverà. Lei mi ha detto che qui potrò essere il suo strumento. Per tutto il tempo. Fino alla mia ricompensa.  
Punto della situazione. Cosa ho completato.
Contatto primario concluso. Successo. Arruolato tra le sue fila.
Compiti forniti dal contatto primario.
Contattare Valerie Feather. Lei è il nuovo capo dei Celestiali. Lei deve farmi suo. Infiltrarmi nella Corp. e diventare indispensabile.
Ogni cosa sta prendendo moto. Ogni elemento dovrà essere mosso impercettibilmente per non destare sospetti. Un grande piano di cui non conosco i dettagli. Non posso conoscerli. Il mio cervello sarà studiato, esposto, aperto e analizzato. Lei non può permettersi di uscire allo scoperto. Lei impedirà al mio cervello di rivelare. Tutto il superfluo è stato rimosso.
Non sapere tutela la missione. Lei ha preso tutto ciò che di me non era necessario. Ha riempito gli spazi vuoti di rumore di fondo. Un cervello di Demone non è un luogo conosciuto. Nessuno capirà. Nessuno potrà intuire che tutto è fuori posto. La mia natura fisica è caotica. Ora è anarchia.
Il pensiero. Pulito. Affilato. Semplice e lineare.
L’assenza di memoria mi rende più efficiente. Costruisco da oggi. Domani non ricorderò il suo nome, domani non ricorderò il volto di Lei.
Ma Lei ha stretto un patto con me. Non potrà tradirmi.
Lei rispetterà il patto perché sarà obbligata a farlo. La magia la conosco. Non concede sconti a nessuno. Nemmeno a lei.
Io dovrò riuscire nella mia missione, così che lei debba darmi il compenso che mi spetta.
La fine.

giovedì 29 gennaio 2015

Preludi a Guerra in Purgatorio: Blake

Penultimo racconto per Nephilim.
Il prossimo giovedì parto per Novegro (MI), per la fiera dei comics. Se vi capita di passare mi troverete con uno stand, i fumetti di Nicola Tini e i libri fantasy di Stefano Mancini!
Buona lettura intanto!


Blake


«Ciao mamma».
L’infermiere ha detto che oggi non è un buon giorno. Lei si volta a guardarmi. Ha gli occhi sporchi e incrostati. Le palpebre abbassate. Torna a guardare il paesaggio oltre la finestra e sembra non accorgersi più che sono qui.
«Ti trovo bene stamattina. Hai fatto colazione?», non l’hanno lavata bene. La soluzione glucosata è quasi finita. Andrò a parlare con la capo reparto. Questo nuovo ragazzo non va bene. Le do un bacio sulla testa.
La stanza però è pulita. Un po’ troppo calda. Meglio toglierle la coperta.
La afferra e la tira a sé. Mi osserva con aria di rimprovero.
«Vuoi tenerla? Ma è molto caldo», continua a stringerla. Lascio la presa e le accarezzo la mano. «Va bene mamma, tieni la coperta».
Mi siedo accanto alla sua poltrona. Fuori gli alberi sono scossi da un vento forte. L’estate sta finendo e la malattia avanza in fretta. È meno di un anno che vive qui. Non penso ricordi più casa o la vita di pochi mesi fa. Quando è entrata era autunno e aveva dei momenti in cui era lontana, persa. Adesso ha dei momenti in cui ho l’impressione che mi riconosca. Non mi racconta più dei libri che legge, non mi chiede più come sto, come va la clinica. Lascio che il rumore dell’orologio alla parete mi tranquillizzi e scandisca un po’ di questo tempo. Il suo odore è sempre lo stesso. Avrei voluto che le lasciassero i capelli lunghi, purtroppo non è facile quando non possono più prendersi cura di sé da soli. Mi chiedo quanto tempo ci vorrà prima che mi dicano che è tempo di trasferirla al piano di sopra. Dove sono i terminali, quelli che non possono più stare soli.
«Volevo parlarti di una persona», non sembra ascoltarmi ma va bene lo stesso. «È un ragazzo che ho conosciuto qualche mese fa. Un infermiere. È venuto nella mia clinica per un tirocinio. Una bella persona. Molto bravo. I pazienti di cui si è preso cura sono migliorati tanto. Ha un modo di parlare con loro che li tocca in un qualche modo speciale. Ricordi quel barbone sempre ubriaco di cui ti parlavo tempo fa? Quello che non avevamo mai convinto a farsi una doccia e un trattamento antiparassitario? Beh Jonathan c’è riuscito dopo aver passato con lui qualche ora a parlare. Certo questa storia non sembra più così bella ora che la racconto. Ma ti giuro che quando Jonathan è venuto a chiederci un accappatoio e del sapone ha lasciato tutto lo staff senza fiato. Un piccolo miracolo».
Mi avresti sorriso con malizia e avresti detto: non mi racconti tutto ragazzo. Sputa il rospo, avanti.
«Hai ragione mamma, non ti sto raccontando tutto. Come primario non avrei dovuto spostare il nostro rapporto su un piano personale, ma lui è così… speciale. Non so come spiegartelo. I suoi occhi, i suoi modi. È come se venisse da un altro mondo. Un mondo più bello. Gli ho chiesto di uscire. E so cosa stai per dire, è stata una mossa rischiosa. Ma il suo tirocinio era quasi finito e insomma ho deciso di rischiare. Comunque mi ha detto di no. E non mi ha quasi più parlato per il resto del suo tempo in clinica. Ma l’hai già capito. La storia non è finita qui. L’ultimo giorno di tirocinio mi ha lasciato un biglietto con segnato un numero di cellulare, dicendomi che adesso sì, potevamo uscire insieme. Un bel tipo eh? Uno che sa il fatto suo comunque. Siamo usciti ed è stato molto bello. Lui è molto più giovane di me, ma abbiamo parlato di tutto e mi sono sentito bene. Al secondo appuntamento c’è stato un bacio. E al terzo anche. Ma non siamo andati oltre questo. Ha iniziato a lavorare in una casa di riposo per anziani. Non è molto lontano dalla clinica. Ora è fuori per una vacanza. Non lo sento da un po’ di giorni e mi manca. È strano. Una persona può entrarti nel cuore in un attimo. E lo scopri solo quando ti giri a guardare da un’altra parte. Quella parte che ha trovato uno spazio dentro di te reclama di essere accompagnata e allora ti accorgi di lei. E ti domandi quando è arrivata. Ma dopotutto non puoi fare niente se non accettarla e accarezzarla».
Mi appoggio alla sua spalla e inspiro il suo odore.
«Mamma? Penso di essermi innamorato».
Alza il braccio e indica qualcosa fuori della finestra. Osservo la sua mano ferma, i suoi occhi limpidi. Mi afferra il mento e mi volta la testa. Non vuole che guardi lei, vuole che guardi fuori. Indica verso il cielo.
Una nuvola. C’è solo una nuvola. Bianca e tonda su un cielo luminoso di vento di fine estate.
Abbassa la mano, si gira verso di me e sorride. Il frinire delle cicale sale di volume o forse mi accorgo solo ora di loro. La abbraccio e la stringo a me.
«Sì mamma, quella nuvola è molto bella».

venerdì 23 gennaio 2015

Preludi a Guerra in Purgatorio: Morgan

sì, sono bastate due settimane e ho perso il ritmo. il racconto dovevo postarlo ieri. ma ieri sono stato incasinato a litigare con una commessa cretina di una libreria dove ero andato a scrivere. una megera di proporzioni bibliche. 
forse la metto come cattiva nel prossimo libro.
ma tipo che il mondo finisce se nessuno andrà a fermarla nel reparto Arte dove si annida.
bene. ora che è chiaro che la colpa è la sua e solo la sua, ecco il racconto del giovedì.  


Morgan


«Quindi, sarai così gentile da nasconderlo per me?». La Strega mi osserva con aria di sufficienza. Starà ripensando ai soldi che le ho offerto. Ah! Qual disfatta, portare a casa un “sì” per denaro e non per virtù.  
«Un pugnale Infernale a New York. Merce di contrabbando che scotta».
Alla scuola di vodoo doveva avere l’insegnate di sostegno. «Carissima, è per questo suo scottare che sono venuto da te, la migliore sulla piazza, colei che è in grado di nascondere un ago in un pagliaio, colei che potrebbe far sparire persino una goccia d’acqua nel cielo! Colei che, con un lauto compenso, mi faciliterà la vita nella grande mela». Forse ho esagerato con le cazzate.
«Mi lusinghi. Non vorrai mica fare qualcosa di male con quel pugnale? Non che abbia pregiudizi perché sei un Infernale, intendiamoci».
Ho sbagliato a contattare questa demente, altro che esagerazione di cazzate. «Mai sia! Sono un diavolo gentiluomo», le bacio la mano. A questo punto le provo tutte. A trovare un altro incantatore ci metterei troppo tempo e Ryan è deciso a partire. Cerchiamo di capire se è in grado di aiutarmi e facciamola finita. «Mi è stato detto che lei è tra l’altro a capo di una potente congrega», se non è così ti scarico senza nemmeno salutarti brutta arpia. E il pugnale rimarrà a Phoenix.
«Lei ha molte informazioni… di riguardo».
Di riguardo? Di riguardo? E sorridi pure. Che scocciatura quando cercano di parlare forbito. Comunque se non potranno i soldi, potrà virtù. Colà, dove il vile denaro non può arrivare, arriva altro. «Ma lei è davvero una dama d’altri tempi. Quindi, questa congrega?», cerchiamo di arrivare a un punto o le sbatto la testa contro il muro.
«Si chiama la Congrega della Notte Notturna».
«Ma non mi dica! Che nome originale, eppure evocativo. Un’annominazione, nevvero?».
«Eh?».
Ho esagerato. Le figure retoriche non le studiavano nei corsi di recupero serali da megera. «Nulla, nulla. E mi dica. È quindi in grado la sua congrega di nascondere agli incantatori degli Eterni la mia cara lama Infernale?»
«Possiamo tentare».
«Ecco, con il mio amico supererò i confini degli stati neutrali domani e in una settimana vorremmo essere a New York. Non penso avremo tempo per un tentativo».
«Non posso darti nulla per certo. Gli incantesimi degli Eterni sono molto potenti. E non sapremo se le nostre dissimulazioni hanno funzionato fino a che non avrai passato il confine.»
«Allora ho una proposta». La guardo intensamente e mi avvicino un po’ a lei. «Sei mai stata a New York?».
«No».
Evviva l’ignoranza e la provincialità, «che ne diresti di lasciare la tua bella Phoenix e di visitare la big city con me? Sarò il tuo Virgilio, il tuo Cicerone», vacci piano che non ti capisce, «sarò il tuo… guida!», mi sorride. Ecco ora ha capito di che parlo. Che fatica.
«Non saprei, la mia congrega…»
«Siete una congrega di meravigliose e potenti Streghe. Potrei farvi venire, tutte». Fatti forza ragazzo mio, avrai un sacco di lavoro da fare, «e con l’occasione potete portare con voi il mio pugnale».
«Ma potremmo essere attaccate dagli Eterni se i nostri incantesimi falliscono».
«Vero, ma gli Eterni non hanno molto potere sugli Umani. Voi dovrete solo dire che il pugnale è un oggetto che avete comprato al mercato nero e che non siete a conoscenza della sua storia. Immagina il brivido del contrabbando, l’adrenalina dell’insondabile futuro, il fiato sospeso dall’apprensione».
«Questa cosa è molto più pericolosa di quello di cui avevamo parlato al telefono».
«Lo so. Ma non mi aspettavo di trovare una Strega di tanto potere quanto fascino. La tua vista mi fa pensare a mille altre possibilità. E non parlo solo di magia e armi Infernali».
«Ah no? E cosa avevi in mente?».
Mi sfilo la maglietta, fisso i miei occhi nei suoi. O la va o la spacca.
«Ma cosa? La tua testa».

«Sono corna. Venti centimetri l’una. E non sono la mia parte più lunga». Finisco di farle crescere fino alla loro massima estensione. Amo le mie corna. Ora tocca mettere in mostra il resto. E il mio pugnale arriverà a destinazione. Oh sì che arriverà a destinazione. Ryan mio quanto si allunga la tua lista di debiti. Guarda con che erinni mi tocca andare a letto.

giovedì 15 gennaio 2015

Preludi a Guerra in Purgatorio: Alexander

Secondo giovedì, secondo racconto dei preludi di Nephilim! Stavolta c'è lo Stregone Alexander, alleato dei Celestiali e amico di Emily Feather. 


Alexander

Praticare la magia vuol dire realizzare qualsiasi cosa. Questo è tanto più vero quanto meno ne sai. Chi non conosce la magia non ne vede gli ostacoli, le difficoltà, il peso. Il primo incantesimo lanciato da un bambino può essere più potente del complesso rituale di un arcimago perché quel bambino segue solo l’istinto e l’immaginazione. L’unico modo per tornare a quello stato di grazia è superare un confine dal quale non si può tornare indietro. Chi l’ha fatto non è più se stesso ormai. La magia non ha limiti, quindi l’unico limite sei tu. Così ti trovi a dover accettare la tua impotenza e a convivere con incapacità solo tue. Anni a sbattere la testa su un libro per riuscire nel più semplice incantesimo. Si impara l’umiltà e la frustrazione. Perché se la magia può tutto, beh, tu di certo non puoi.
Eppure quando Emily mi osserva vede in me un potente incantatore. Qualcuno che può tutto. Un incantatore che non conosce limiti.
Non sa quanto è vasto il vuoto sotto la superficie, non sa quanto è vorace il mostro che nascondo in cantina.
Tutti gli anni di studio non mi avevano preparato ad affrontare questa realtà semplice e terrificante: lei crede in me. È un pensiero che mi abbatte e disarma. E non c’è magia che possa usare per aiutarmi.
La magia è fatta di parole e di gesti che delineano un’immagine. Un’immagine tanto potente da soppiantare la realtà.
Quando diventi uno Stregone la tua immaginazione diventa concreta e così devi imparare a controllare tutto quello che il resto degli uomini non pensa di dover gestire. Quello che desideri, quello di cui hai bisogno, quello che temi, ciò che sogni, gli incubi che ti svegliano di notte. Tutto può diventare reale, solido e tangibile. Usare la magia attiva cascate di eventi che non si possono calcolare. Ogni Stregone è la farfalla che fa esplodere una tempesta dall’altra parte del mondo. Ogni Stregone è una farfalla che deve monitorare tutto quello che la riguarda.
Ecco. Forse è questo che dovrei dire domani a Emily.
Se vuoi diventare una Strega dovrai imparare a controllare tutto. Pensieri, emozioni. Tutto dovrà ricadere sotto il tuo occhio vigile. Sarai una farfalla che esplode tempeste.
Ma forse non servirà. Se domani mi rivelerà di essere una Celestiale, se ho ragione a pensare che lo sia, allora non dovrò preoccuparmi più di tanto. Nessuno della loro razza è mai diventato un incantatore. Non possiedono il Talento. Lei non sarà un’eccezione. Alla prima matita che riuscirà a levitare capirà di aver raggiunto il proprio limite e la questione si risolverà da sola. A me basta avere una scusa per passare un po’ di tempo insieme.
In ogni caso, prima dell’incontro di domani, è meglio rimettere a posto quello che è mia responsabilità. Non voglio ci siano margini di rischio per lei o per i suoi amici.
Chiudo gli occhi e sgombro la mente. Sento il mio corpo astrale allontanarsi dalla materia. Una sensazione che per molti è fastidiosa. Io l’ho sempre trovata molto piacevole.
Quando riapro gli occhi sono seduto sull’erba. Il cielo è illuminato dalle stelle. Non c’è mai la luna da queste parti. La casa assomiglia a quella dove sono cresciuto. La stessa veranda, le stesse finestre di vetro un po’ opaco. Le zanzariere tremano al vento con quel loro rumore impreciso. L’albero e l’altalena poco distanti sono comparsi da poco. Come l’erba che copre tutto. Fino a poco tempo fa la casa era davanti a un campo pietroso e non c’era alcun albero a cui attaccare un’altalena. Il ragazzino si dondola dandomi le spalle. Sono convinto l’abbia messa lui l’altalena. E forse anche l’erba. Un giorno magari lo saluterò. Salgo i due scalini che danno sulla veranda e arrivo alla porta d’ingresso. Apro la zanzariera e busso due volte. Come era di regola a casa. Le regole e le tradizioni devono essere rispettate. Guai a chi non le conosce. La porta si apre ed entro.
Ogni oggetto che si trova qui è un simbolo. Più o meno esplicito e semplice. Una foto di mio padre e quella di mia madre sono rappresentazioni molto chiare del loro ricordo e del valore che hanno per me. Mi sorridono come sempre. Il camino acceso è la mia energia vitale. D’altra parte per capire che quella maschera rappresenta mia nonna bisognerebbe conoscermi a fondo e sapere molto di me.
Il bastone di legno è poggiato sul tavolo, nel centro della sala. Quel bastone più che un simbolo è un ricordo e un ammonimento. Avevo dodici anni e pensavo di essere in grado. Non mi sembrava niente di troppo complicato. Tornare a far germogliare un vecchio bastone di legno. Ne sapevo davvero poco. Non tenterei nemmeno oggi qualcosa del genere. Vita e morte. Meglio non impicciarsi di certe cose. Feci un gran casino con quel pezzo di legno. La magia dei bambini è davvero pericolosa. Per riparare alle conseguenze di quell’incantesimo la nonna dovette richiamare tutto il potere che aveva. Non mi sgridò neppure. Il senso di colpa per quello che successe alla sua faccia fu una punizione più che sufficiente. Non poté più andare a fare la spesa povera nonna. Sempre coperta con quella maschera di legno.
Il serpente dorme come sempre accanto al camino. Da quando è comparso non si è mai mosso, anche se credo mi osservi ogni tanto. Deve essere la rappresentazione di qualche antenato, ma non ho ancora individuato chi sia. In ogni caso non penso sia una minaccia. Come il bambino sull’altalena.
La botola. Appena il mio pensiero va alla botola e alla cantina sento dei colpi provenire dal pavimento. Dei lamenti e grattare sul legno. Lui è sempre lì. E sa che sto pensando a lui. Basta questo pensiero per dargli la forza di muoversi. Incatenarlo dentro il rifugio astrale è stata una mossa che in tanti hanno considerato azzardata. È stata invece una grande intuizione. Qui il mio potere è al massimo, condensato in simboli e quasi ogni cosa è controllata da me. Lui non può accedere alla mia energia anche se ne è circondato e qui non ci sono ombre dove potrebbe nascondersi. Portandolo qui ho osato molto più di quanto non avessero fatto tanti altri prima di me. Grazie a questo azzardo ho potuto spingermi ben oltre i confini che erano stati tracciati. So che lui è chiuso nella cantina, sotto controllo. Lontano da me. Non può uscire. L’unico che può aprire quella botola sono io. Sono al sicuro finché lui è lì.
Batte dei colpi sordi.
Cambia. Tutto cambia Alexander. Un giorno le cose cambieranno anche per me.
Non aprirò quella botola. Tu rimarrai confinato lì sotto per sempre.
Un giorno le cose cambieranno anche per me.
Io non sceglierò mai di liberarti. Non lo farò mai. Con un pensiero chiudo la mente alla sua voce.
Qui è tutto a posto. Mi giro per andarmene e ho l’impressione fugace di un movimento vicino il camino. Mi giro. Il serpente è sempre immobile e addormentato.
Deve essere stata un’impressione.