giovedì 15 gennaio 2015

Preludi a Guerra in Purgatorio: Alexander

Secondo giovedì, secondo racconto dei preludi di Nephilim! Stavolta c'è lo Stregone Alexander, alleato dei Celestiali e amico di Emily Feather. 


Alexander

Praticare la magia vuol dire realizzare qualsiasi cosa. Questo è tanto più vero quanto meno ne sai. Chi non conosce la magia non ne vede gli ostacoli, le difficoltà, il peso. Il primo incantesimo lanciato da un bambino può essere più potente del complesso rituale di un arcimago perché quel bambino segue solo l’istinto e l’immaginazione. L’unico modo per tornare a quello stato di grazia è superare un confine dal quale non si può tornare indietro. Chi l’ha fatto non è più se stesso ormai. La magia non ha limiti, quindi l’unico limite sei tu. Così ti trovi a dover accettare la tua impotenza e a convivere con incapacità solo tue. Anni a sbattere la testa su un libro per riuscire nel più semplice incantesimo. Si impara l’umiltà e la frustrazione. Perché se la magia può tutto, beh, tu di certo non puoi.
Eppure quando Emily mi osserva vede in me un potente incantatore. Qualcuno che può tutto. Un incantatore che non conosce limiti.
Non sa quanto è vasto il vuoto sotto la superficie, non sa quanto è vorace il mostro che nascondo in cantina.
Tutti gli anni di studio non mi avevano preparato ad affrontare questa realtà semplice e terrificante: lei crede in me. È un pensiero che mi abbatte e disarma. E non c’è magia che possa usare per aiutarmi.
La magia è fatta di parole e di gesti che delineano un’immagine. Un’immagine tanto potente da soppiantare la realtà.
Quando diventi uno Stregone la tua immaginazione diventa concreta e così devi imparare a controllare tutto quello che il resto degli uomini non pensa di dover gestire. Quello che desideri, quello di cui hai bisogno, quello che temi, ciò che sogni, gli incubi che ti svegliano di notte. Tutto può diventare reale, solido e tangibile. Usare la magia attiva cascate di eventi che non si possono calcolare. Ogni Stregone è la farfalla che fa esplodere una tempesta dall’altra parte del mondo. Ogni Stregone è una farfalla che deve monitorare tutto quello che la riguarda.
Ecco. Forse è questo che dovrei dire domani a Emily.
Se vuoi diventare una Strega dovrai imparare a controllare tutto. Pensieri, emozioni. Tutto dovrà ricadere sotto il tuo occhio vigile. Sarai una farfalla che esplode tempeste.
Ma forse non servirà. Se domani mi rivelerà di essere una Celestiale, se ho ragione a pensare che lo sia, allora non dovrò preoccuparmi più di tanto. Nessuno della loro razza è mai diventato un incantatore. Non possiedono il Talento. Lei non sarà un’eccezione. Alla prima matita che riuscirà a levitare capirà di aver raggiunto il proprio limite e la questione si risolverà da sola. A me basta avere una scusa per passare un po’ di tempo insieme.
In ogni caso, prima dell’incontro di domani, è meglio rimettere a posto quello che è mia responsabilità. Non voglio ci siano margini di rischio per lei o per i suoi amici.
Chiudo gli occhi e sgombro la mente. Sento il mio corpo astrale allontanarsi dalla materia. Una sensazione che per molti è fastidiosa. Io l’ho sempre trovata molto piacevole.
Quando riapro gli occhi sono seduto sull’erba. Il cielo è illuminato dalle stelle. Non c’è mai la luna da queste parti. La casa assomiglia a quella dove sono cresciuto. La stessa veranda, le stesse finestre di vetro un po’ opaco. Le zanzariere tremano al vento con quel loro rumore impreciso. L’albero e l’altalena poco distanti sono comparsi da poco. Come l’erba che copre tutto. Fino a poco tempo fa la casa era davanti a un campo pietroso e non c’era alcun albero a cui attaccare un’altalena. Il ragazzino si dondola dandomi le spalle. Sono convinto l’abbia messa lui l’altalena. E forse anche l’erba. Un giorno magari lo saluterò. Salgo i due scalini che danno sulla veranda e arrivo alla porta d’ingresso. Apro la zanzariera e busso due volte. Come era di regola a casa. Le regole e le tradizioni devono essere rispettate. Guai a chi non le conosce. La porta si apre ed entro.
Ogni oggetto che si trova qui è un simbolo. Più o meno esplicito e semplice. Una foto di mio padre e quella di mia madre sono rappresentazioni molto chiare del loro ricordo e del valore che hanno per me. Mi sorridono come sempre. Il camino acceso è la mia energia vitale. D’altra parte per capire che quella maschera rappresenta mia nonna bisognerebbe conoscermi a fondo e sapere molto di me.
Il bastone di legno è poggiato sul tavolo, nel centro della sala. Quel bastone più che un simbolo è un ricordo e un ammonimento. Avevo dodici anni e pensavo di essere in grado. Non mi sembrava niente di troppo complicato. Tornare a far germogliare un vecchio bastone di legno. Ne sapevo davvero poco. Non tenterei nemmeno oggi qualcosa del genere. Vita e morte. Meglio non impicciarsi di certe cose. Feci un gran casino con quel pezzo di legno. La magia dei bambini è davvero pericolosa. Per riparare alle conseguenze di quell’incantesimo la nonna dovette richiamare tutto il potere che aveva. Non mi sgridò neppure. Il senso di colpa per quello che successe alla sua faccia fu una punizione più che sufficiente. Non poté più andare a fare la spesa povera nonna. Sempre coperta con quella maschera di legno.
Il serpente dorme come sempre accanto al camino. Da quando è comparso non si è mai mosso, anche se credo mi osservi ogni tanto. Deve essere la rappresentazione di qualche antenato, ma non ho ancora individuato chi sia. In ogni caso non penso sia una minaccia. Come il bambino sull’altalena.
La botola. Appena il mio pensiero va alla botola e alla cantina sento dei colpi provenire dal pavimento. Dei lamenti e grattare sul legno. Lui è sempre lì. E sa che sto pensando a lui. Basta questo pensiero per dargli la forza di muoversi. Incatenarlo dentro il rifugio astrale è stata una mossa che in tanti hanno considerato azzardata. È stata invece una grande intuizione. Qui il mio potere è al massimo, condensato in simboli e quasi ogni cosa è controllata da me. Lui non può accedere alla mia energia anche se ne è circondato e qui non ci sono ombre dove potrebbe nascondersi. Portandolo qui ho osato molto più di quanto non avessero fatto tanti altri prima di me. Grazie a questo azzardo ho potuto spingermi ben oltre i confini che erano stati tracciati. So che lui è chiuso nella cantina, sotto controllo. Lontano da me. Non può uscire. L’unico che può aprire quella botola sono io. Sono al sicuro finché lui è lì.
Batte dei colpi sordi.
Cambia. Tutto cambia Alexander. Un giorno le cose cambieranno anche per me.
Non aprirò quella botola. Tu rimarrai confinato lì sotto per sempre.
Un giorno le cose cambieranno anche per me.
Io non sceglierò mai di liberarti. Non lo farò mai. Con un pensiero chiudo la mente alla sua voce.
Qui è tutto a posto. Mi giro per andarmene e ho l’impressione fugace di un movimento vicino il camino. Mi giro. Il serpente è sempre immobile e addormentato.
Deve essere stata un’impressione. 

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